Di seguito alcune considerazioni e consigli sulla coltivazione delle Catasetinae.
Questo articolo è consigliato a chi ha già un minimo di esperienza con queste piante, in quanto una rigida applicazione di quanto suggerito potrebbe portare a risultati infausti.
Molti appassionati rinunciano alla coltivazione delle Catasetinae principalmente per i seguenti motivi:
- alle nostre latitudini le tenere, grandi e carnose foglie possono essere attaccate, soprattutto se il clima non è umido (dove per clima poco umido intendo un’umidità ambientale al di sotto del 50%), da molti parassiti quali la cocciniglia, afidi, acari etc.
- Le Catasetinae se ben coltivate, possono diventare enormi e poco ideali ad una coltivazione casalinga
- In dormienza sono completamente spoglie e poco piacevoli da vedere
- Se non si riesce a portarle a maturazione nella parte finale della loro stagionalità vegetativa, non si vedranno i fiori, quindi si deve allungare il periodo vegetativo sfasando così la pianta o, per i più coraggiosi, dovendo forzare la pianta alla stessa dormienza.
Pur essendo vero che le notizie in rete possono essere contrastanti, è altrettanto vero che molti non sanno analizzare il proprio ambiente e adeguare il modo di coltivazione allo stesso. Questo è, a mio modesto parere, la principale causa di molti insuccessi nella coltivazione di questo genere ma genericamente di ogni orchidea.
“La verità è come il sole: fa bene finché non brucia.” Frase spiacevole da scrivere ma, parlando di piante e di conoscenza del proprio ambiente, drammaticamente vera. 🙂
Partiamo quindi, rammentando alcuni concetti di base o conoscenza delle necessità di questo genere per il successo nella coltivazione delle Catasetinae e della loro gestione.
- Temperatura estiva: 15-35 C °
- Temperatura invernale: 10-25 C °
- Luce: 20000 – 45000 lux
- Umidità: mai sotto il 50% ideale un 70-80%.
- Primavera – estate: Le piante sono in completa crescita attiva
- Autunno – inverno: le foglie cadono e le piante fioriscono (non tutte ovviamente perché alcune sviluppano il getto floreale da pseudobulbi di nuova formazione, come, ad esempio in molti Catasetum).
- La quasi totalità delle radici apparentemente muore durante la dormienza
E’ tutto vero ciò che si trova scritto sulla dormienza, è vero che il monsone invernale porta la quasi assenza di pioggia nei mesi che vanno da novembre a marzo circa, ma è anche vero che l’umidità ambientale in natura supera il 70% – 80% di media, che gli pseudobulbi che superano la dormienza hanno riserve e dimensioni adeguate, ma soprattutto devono aver “assorbito” riserve per un periodo di 6 – 8 mesi se non in maniera perfetta quantomeno adeguata.
In un ambiente secco (la giusta umidità per l’uomo è pari al 55% o perlomeno questo valore dovrebbe essere presente in una casa per essere considerato “salubre”) ma soprattutto nei nostri appartamenti, d’inverno l’atmosfera assorbe e prosciuga gradualmente e quotidianamente l’acqua che si trova all’interno degli pseudobulbi e a causa della traspirazione fa seccare e avvizzire sempre più gli stessi.
Vero è che alcuni di noi vivono in zone con alti tassi di umidità (da sfatare la diceria che Venezia sia la città più umida d’Italia in quanto Catania e l’area orientale della Sicilia, la Calabria con Cosenza e Crotone lo sono di più, praticamente avamposti di una progressiva tropicalizzazione del clima della penisola italica), ma la maggior parte di noi vive e coltiva in ambienti “secchi”, almeno per quanto riguarda il fabbisogno delle piante!
E per questo affermo che gli errori più grandi che ho notato nella coltivazione delle Catasetinae sono da suddividere ugualmente nelle due stagionalità:
Durante la fase vegetativa primavera – estate:
- la scarsa idratazione e nutrimento degli pseudobulbi in fase di formazione e accrescimento;
- la scarsa attenzione nell’eliminazione di afidi e acari e di insetti fitofagi che si nutrono della linfa delle succulente foglie e si infilano sotto le stesse e tra una membrana e l’altra che ricoprono i vecchi pseudobulbi,
- l’eccessiva nebulizzazione delle foglie con ristagno idrico tra le stesse che porta alla marcescenza dei getti apicali e degli pseudobulbi stessi
- la coltivazione in substrati non idonei
Durante la fase dormiente autunno – inverno:
- la scarsa idratazione (o per meglio dire nebulizzazione) degli pseudobulbi in dormienza che si lasciano seccare (perché così è stato letto in rete di fare) e vengono lasciati arrivare alla primavera senza intervenire rendendoli completamente disidratati
- la scarsa attenzione alla presenza di parassiti che rimangono attivi anche nei mesi di “dormienza” tra le guaine o involucri che coprono i vecchi pseudobulbi.
- la coltivazione in substrati non idonei, il mancato adeguamento o rinnovo del substrato, la mancata pulizia dell’apparato radicale.
Praticamente vengono ripetuti gli stessi errori (uguali ma in modi diversi) in entrambe le fasi che caratterizzano le Catasetinae.
Ergo, molti sbagliano completamente la coltivazione.
I latini lo dicevano: “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”…
Ho sentito dire da molti che un ottimo sistema per allontanare gli acari e il ragnetto rosso dalle Catasetinae è quello di nebulizzare le foglie e l’intera pianta.
Questo può andar bene se il clima è caldo e la zona è molto arieggiata, ma mentre può andare bene per alcune orchidee, questo sistema non va invece consigliato per le Catasetinae coltivate in appartamento o in serra e/o orchidario in quanto la particolare forma delle foglie e della loro attaccatura favorisce il ristagno idrico portando alla marcescenza della pianta stessa.
Analogo problema può derivare dalla coltivazione delle stesse in sfagno, substrato tanto decantato ma deleterio in alcuni ambienti e in particolari condizioni climatiche. Si tenga presente che lo sfagno è paragonabile ad una spugna, perfetto quando la pianta ha radici lunghe a sufficienza per assorbire e quando il clima è molto caldo. Osservate una spugna pregna di acqua e valutate quanto ci mette ad asciugare, magari di notte o nelle giornate nuvolose. Allo stesso modo si comporta lo sfagno!
Nella regione in cui abito le notti hanno temperature superiori ai 15° solo per circa 2 mesi all’anno e cioè nei mesi di luglio e di agosto, coltivo in serra e in orchidario, quindi la circolazione dell’aria è “forzata” e non sicuramente sufficiente ad asciugare gli eventuali ristagni idrici.
Fred Clarke, uno dei più grandi esperti di questo genere, ha stabilito che il tempo massimo di eventuale permanenza dell’acqua tra le foglie sia quantificabile in circa 4 ore.
Oltre tale tempo le spore fungine e la proliferazione batterica aumenterà grazie anche alla maggior permanenza della stessa acqua .
Per questo le eventuali nebulizzazioni andrebbero fatte solo nelle giornate di sole, nelle giornate calde e con un buon ricircolo d’aria.
Palese che, se si coltiva in un clima più secco, e dove vi è notevole ventilazione come, ad esempio, nelle città di Imperia o di Cagliari, l’eventuale ristagno non dura comunque a lungo. Se invece si coltiva in un clima umido, viene fortemente sconsigliata la nebulizzazione in quanto l’acqua rimarrà tra le foglie molto più a lungo creando l’habitat ideale per la proliferazione di batteri e di funghi come potete notare da alcune foto di quest’articolo.
L’idratazione invernale delle Catasetinae.
I “sacri testi” lo dicono in maniera chiara! Le Catasetinae durante la dormienza non vanno irrigate!
Ma…
I primi anni che coltivavo, alcune Catasetinae non superavano l’inverno o per meglio dire non si risvegliavano più dalla dormienza.
Analizziamo quindi le condizioni ambientali del mio appartamento:
- il riscaldamento del mio appartamento è centralizzato e quindi la temperatura non scende mai sotto i 20° neppure di notte.
- L’umidità relativa difficilmente nei periodi in cui è acceso il riscaldamento è superiore ad una media del 40% contro il il 70-80% di umidità ambientale che queste piante hanno in natura.
- Pur essendo la finestra esposta a sud, il fotoperiodo invernale non supera le 8 ore.
La conseguenza doveva essere quindi ovvia! Un lento ed inesorabile essiccamento degli pseudobulbi.
Va da sé che gli pseudobulbi dormienti vanno deposti in un luogo dove l’umidità sia adeguata e possibilmente con una adeguata intensità luminosa. Per questo ora li depongo, nella fase dormiente, in orchidario.
Per i valori ed informazioni più dettagliate si rilegga quanto scritto in precedenza.
Osservate quindi sempre gli pseudobulbi dormienti. Se cominciano a raggrinzire o avvizzire, in modo particolare quelli cresciuti nell’ultimo anno, con una semplice nebulizzazione del substrato (o una tazzina da caffè di acqua) dovrebbero ritornare belli idratati. L’importante è non saturare il substrato, soprattutto se esso è sfagno, che trattiene l’acqua per molto tempo (per questo sono passato alla coltivazione in semplice bark, anche se durante l’estate comporta irrigazioni quasi quotidiane).
L’idratazione estiva delle Catasetinae.
Il problema maggiore è saper resistere nel cominciare ad irrigare le Catasetinae.
Il nuovo getto deve aver già aperto e dispiegato le prime due foglie, le radici dovrebbero già aver raggiunto la lunghezza di almeno 6 – 8 cm prima di cominciare l’irrigazione, irrigazione che deve aumentare gradualmente sino ad arrivare alla completa crescita attiva dove le piante andrebbero innaffiate tutti i giorni, a seconda ovviamente del substrato che si usa e dell’ambiente di coltivazione.
Ho cominciato con solo sfagno per poi passare al semplice bark regolandomi di volta in volta con le irrigazioni nelle due stagionalità e secondo l’ambiente dove erano collocate le piante.
Le mie scelte sono state ovviamente condizionate dallo studio del loro ambiente naturale, dove ricordiamo che ricevono abbondanti piogge dovute al monsone stagionale estivo e il clima è caldo e umido ma molto arieggiato.
Nel prossimo anno quale substrato userò sempre bark, miscelandolo a piccolissime dosi di sfagno e ricalibrando così le dosi dell’irrigazione e delle fertilizzazioni che ora, in crescita attiva, faccio praticamente ad ogni irrigazione.
Ricordiamo sempre che il muschio di sfagno trattiene l’acqua più a lungo degli altri substrati, quindi le radici hanno sì la possibilità di bere ma anche di marcire se l’irrigazione e la temperatura non risultano sotto controllo.
La salute delle proprie piante parte sempre dall’analisi del proprio ambiente!
sempre esaustivo, pragmatico, lineare. Ho imparato tanto da te e spesso chiedo il tuo parere.Sei il top Catasetinaro italiano!