Ho scritto (forse tediando) molto sulle Catasetinae… e mi propongo di non fare lo stesso errore con un genere di orchidea che mi sta appassionando non poco, ma che altrettanto poco viene trattato.
Quindi almeno qualche articolo, le orchidee “terricole” lo meritano.
Sono sicuro che molti di voi proveranno a sfruttare i propri giardini, balconi, terrazzi e qualsiasi spazio all’esterno di cui si possa disporre – se si ha la fortuna di averlo! 🙂 .
Le chiameremo terricole e non terrestri perché la prima definizione, a mio modo di vedere, è più appropriata… anche le orchidee epifite sono orchidee “terrestri”, almeno nel senso lato della parola! Hanno sì qualcosa di “spaziale” 🙂 , ma questa è un’altra storia. Creiamo quindi la categoria “orchidee terricole” che troverete nella colonna a destra del blog.
Molte di esse vengono vendute come “orchidee rustiche da giardino”, e già questo dice molto sulle loro caratteristiche e sul perché mi sto attrezzando per la loro coltivazione .
Cominciamo quindi con le “Calanthe”, una delle quali, quella che vedete nella foto sopra (un ibrido di Calanthe Takane), mi è fiorita a fine di marzo.
Le Calanthe annoverano circa 200 specie, sono diffuse in quasi tutte le aree tropicali ma altamente concentrate in Asia. I Giapponesi sono considerati i “maestri coltivatori” e quindi i “padri putativi” di moltissime orchidee terricole, quali molti generi di Calanthe che resistono al freddo (come quelle nella foto qui sopra) oltre alle Bletille, i Cypripedium etc. Sto coltivando all’aperto le orchidee appena citate, e saranno oggetto di prossimi articoli.
Le Calanthe si possono suddividere in svariati gruppi, quelle che resistono al freddo e quelle da clima “intermedio caldo”, quelle a foglia decidua o caduca e quelle sempreverdi e/o semi sempreverdi; quasi tutti questi “gruppi” ovviamente hanno modo colturale completamente diverso tra loro. Altrimenti dove sarebbe lo stupore e la meraviglia di riuscire a vederle fiorire approfondendo le loro caratteristiche ed esigenze ? 🙂
Ho letto da qualche parte che “le piante che vivono in parti del mondo con inverni particolarmente freddi tendono ad avere un periodo di riposo vegetativo, e sono calanthe a foglie caduca, mentre le specie che hanno un habitat caldo e tipico delle zone tropicali, sono le calanthe sempreverdi”.
E’ una generalizzazione troppo semplicistica che non corrisponde, a mio modesto parere, al vero e vi dimostrerò il perché con l’esempio delle mie due piante e la descrizione di Calanthe tipicamente da “serra calda”. Che sia l’eccezione che conferma la regola? Decidete voi! Ma ricordate che fidarsi di semplificazioni trovate in rete vorrebbe dire giocare alla “roulette russa” con le piante.
Personalmente direi semplicemente che ci sono due tipi principali di Calanthe . Quelle decidue e quelle sempreverdi.
Il genere sempreverde (parlo di quella di quest’articolo e cioè della Kozu !) non ha periodo di riposo e quindi il substrato deve essere tenuto leggermente umido tutto l’anno. Di solito queste piante tollerano benissimo l’ombra, si possono collocare anche in posizione esposta completamente a nord purché riparate.
Il genere deciduo è invece perlopiù caratterizzato da un periodo di riposo, ama molto la luce intensa come le Cattleye e le Catasetinae e come queste ultime ha una crescita stagionale, che richiede temperature molto calde (temperature minime 15° massima attorno ai 30° e oltre ). Segue quindi il modo di coltivazione a me tanto caro e oramai noto ai lettori di questo blog e riportato più volte parlando di Catasetinae, ovviamente con delle belle differenze (per le Calenthe), come quella della completa pulitura degli pseudobulbi da piantare l’anno seguente.
Delle due Calanthe che vedete nella foto d’insieme qui a fianco, quella a destra è una Calanthe Kozu ed è una sempreverde, resiste sino ai – 10°/ -15° e ha sempre le foglie e invece quella in fiore è un ibrido di Calanthe Takane (ibrido a sua volta tra Calanthe Discolor e Calanthe Sieboldii) che durante l’inverno apparirà principalmente sotto forma di pseudobulbo mantenendo, alle volte, anche vecchie foglie spesso fino alla primavera successiva (qualcuno consiglia che quando i “nuovi” germogli compariranno e daranno nuove foglie e di conseguenza nuovi getti floreali, in quel momento le vecchie foglie dovrebbero essere tagliate). Eppure è considerata appartenente al genere deciduo entrando in una specie di dormienza invernale pur non essendo da clima caldo. Quindi le foglie plissettate, che possono piacere o meno, a seconda della specie e indipendentemente dal clima più o meno mite, possono essere, per l’appunto, persistenti o caduche ma ciò non è sufficiente per identificare il clima a cui sottoporle.
Entrambe le Calanthe di quest’articolo vogliono una posizione di semi ombra.
Ma di metterle a nord completamente non me la sono sentita quindi, studiando le loro caratteristiche naturali, le ho collocate ad est, protette però dalla separazione esistente tra un appartamento e l’altro, separazione in simil vetro che funge (per le piante) da ombreggiante pur lasciando filtrare la luce. In pieno sole quindi lo sono per pochissimo tempo nelle prime ore del mattino. Se poi consideriamo che sono riparate dalle foglie dei maestosi Cymbidium, il tutto spiega la mia scelta di ricreare l’habitat dove vivono e cioè gli ambienti riparati, i terreni leggeri e freschi e costantemente umidi, ricchi di humus (che è un “ammendante” del terreno da non confondere con il “fertilizzante”). Insomma il loro habitat naturale è simile al sottobosco o a quelle zone vicine ai corsi d’acqua.
Ma torniamo a noi… e ribadiamo nuovamente un concetto basilare.
Abbiamo detto che se vogliamo dividere i due tipi di Calanthe le possiamo dividere semplicemente in quelle decidue e quelle sempreverdi.
Le decidue di solito hanno grandi pseudobulbi che lasciano cadere le foglie in autunno, comportandosi praticamente nello stesso modo delle Catasetinae ( ricordando che le Calenthe di questo tipo sono ad esempio la C. Rosea, la C. Vestita, la C. Regnieri e la C. Rubens), mentre le Calanthe sempreverdi non hanno pseudobulbi o quantomeno pseudobulbi degni di nota o per meglio dire non hanno i classici pseudobulbi che gli amanti delle Catasetinae definiscono tali.
Ho ripetuto questo concetto al fine di non indurre il lettore a classificare con leggerezza e a non generalizzare (portando ad una errata coltivazione) quando si parla di Calanthe; alcune non temono il freddo (tutte quelle delle foto di questo articolo) e possiamo coltivarle all’esterno (anche in giardino e in piena terra), altre invece hanno le classiche necessità delle orchidee tropicali, spaziando come detto dalla serra intermedia alla calda, alcune devono essere costantemente umide, altre devono essere lasciate senza acqua per tutta la dormienza o dopo la fioritura.
Risulta quindi ovvio che le Calanthe dell’articolo, e quindi sempreverdi o semi sempreverdi, non hanno periodo di riposo e devono essere tenute umide ma non fradice per tutto il periodo dell’anno.
Farei inoltre un’ulteriore precisazione.
Dire che la loro terra natia è considerata il Giappone (che ha temperature mediamente come il nord d’Italia) e l’Asia, al fine di identificare il modo colturale da porre in essere in generale, è molto approssimativo, in quanto si dovrebbe sempre sapere almeno a che latitudine e a che fattori climatici sono sottoposte in natura, mentre le Calanthe a foglia decidua (almeno quelle prevalentemente abituate a climi più caldi) sono tipiche di alcune zone dell’America Centrale dell’Africa e dell’Oceania e ovviamente anche dell’Asia.
Da tener inoltre presente che alcune Calanthe che hanno il loro habitat naturale per lo più nelle foreste tropicali dell’Asia e dell’America Centrale, dove il monsone invernale è caratterizzato da inverni secchi mentre il monsone estivo porta estati molto umide, grazie alle riserve dei loro pseudobulbi possono far rimanere alcune foglie verdi per lungo tempo. Insomma, quello che succede portando alla disperazione molti coltivatori di Catasetinae quando le stesse sembrano non volerne sapere di entrare in dormienza.
Quindi, per le Calanthe, identificare la coltura delle stesse, di primo acchito sembra più problematico che per le Catasetinae… Almeno all’inizio 🙂
Simone mi ha sempre consigliato di non fare schede tecniche e questa volta seguirò le sue indicazioni, anche perché per fare una scheda tecnica ci vogliono anni di coltivazione e di esperienza. E se attingi semplicemente dalla rete sbagli di grosso. Rammentiamo che tutte le schede tecniche di questo blog sono frutto di personali esperienze.
Espongo quindi quello che ho studiato, sinora parzialmente ma non completamente applicato pur avendo già passato il primo inverno e viste le prime fioriture. Ma tutto ciò getterà le basi per la futura coltivazione. Come sempre rammento che le informazioni colturali qui presenti devono essere utilizzate solo come linee guida da adattare alle vostre esigenze sia ambientali che colturali.
Quindi che altro dire considerando che delle svariate tipologie di terreno, di temperatura e d’irrigazione abbiamo già parlato?
Perché ho cominciato a coltivarle? Perché volevo un’orchidea che potesse rimanere all’esterno in un clima con inverno freddo (quando non gelido). Perché resistono a temperatura sino a – 10° circa, quindi agli inverni tipici della mia regione. E’ insomma una pianta molto rustica o quantomeno semi rustica. Ma anche se resistono a questa temperature ho deciso di ripararle dal gelo intenso con un’abbondante pacciamatura del terreno. O no?
Sono ancora indeciso, ho preferito quindi metterle dentro a degli scolapasta (come si può vedere dalle foto), comperati per pochi euro online ( che genialata eh?) che al momento opportuno potrò togliere velocemente dalle fioriere, posizionando gli stessi dove più riterrò idoneo.
Attenzione, se decidete di coltivare invece in vaso, le piante vanno portate in un ambiente molto fresco ma non in una serra riscaldata o dove la temperatura le potrebbero indurre “a pensare” (le piante pensano? 🙂 ) che il freddo è finito o non è mai cominciato. Pena la mancata fioritura! Consiglio quindi di riparare bene la pianta dal freddo gelido, che nei vasi penetra molto più facilmente, oppure di posizionare la pianta in un luogo fresco e riparato, ad esempio in una serra non riscaldata o in un garage purché illuminato.
Per quanto riguarda gli pseudobulbi dell’ ibrido di Calanthe Takane (quelli che si possono vedere in una foto sopra), da sapere che alcuni coltivatori inglesi, dove l’inverno non è dei più miti, li coprono con 10-15 cm di corteccia da pacciamatura. Un bel lavoro no?
Cosa farò io ancora non lo so.
E con questo, nella speranza che anche voi possiate apprezzare le “terricole” vi saluto.
Buona coltivazione a tutti!
Ciao Gioacchino, mi hai preceduta sulla coltivazione dei Calanthe! Quest’anno mi sono fatta prendere la mano dai Cimbydium, ma i Calanthe sono in lista per i prossimi acquisti.
Pur abitando in Calabria, gli inverni dalle mie parti sono abbastanza freddi ed anche io cerco orchidee da poter tenere su balconi e terrazzo, visto che ho esaurito lo spazio in casa! Grazie per condividere con noi tutte le tue esperienze di coltivazione.
Ciao !
Anche io sto coltivando le chalante, le bleitilla e i cypripedium.
Sono di Milano.
I cypiripedium li lascio perdere, morti tutti per il gran caldo estivo 😢
Le bleitilla ho testato che sono facili quindi ho acquistato a Ottobre ben 6 piante di colori diversi che mi mancavano.
Mentre le chalanthe, di tre piante differenti me ne è morta una dopo aver fatto una splendida fioritura
(var. Izu insularis) sempre per il caldo di questa estate nonostante fosse in ombra.
Volevo chiederti se le tue piante hanno avuto problemi per il caldo eccessivo.
Le altre due piante hanno sofferto e a metà Giugno hanno iniziato a “marcire” le estremità delle foglie (non dalla base/radice) penso per il caldo e l’umidità.
Comunque le ho salvate e aspetto la primavera per vederle fiorire (spero).
Una è chalanthe takane e l’altra è chalanthe Lamellosa .
Ciao!
L’estate 2022 è stata terrificante per il caldo … ma non per le terricole che possiedo.
Le piante che citi le ho messe tutte a Nord in fioriere con idoneo substrato, dove grazie alla ventilazione hanno resistito.
Non penso sia un problema l’umidità in quanto, ad esempio la C. lamellosa vive ad altitudini trai 1700 e i 2300 metri vicino ai corsi d’acqua.
Certo queste piante soffrono molto il caldo e soprattutto l’afa e il caldo torrido che nelle nostre regioni quest’anno non è mancato.